Adriano: Il calcio serve nelle Favelas, lì la vita è difficile

Adriano ha parlato una lunga intervista a DAZN in ‘Família – Vita di un Imperatore: “Mi ha fatto strano esser chiamato Imperatore. Vengo da una favela e dopo qualche anno sono stato chiamato Imperatore. È chiaro che questo ti faccia pensare. Ma se Dio ha voluto questo, non c’è niente da fare”.
Sul calcio in Brasile:
Il calcio serve nelle Favelas. Lì la vita è difficile. I bambini sono abituati a vedere le persone con la pistola o con il fucile. Lo sport è importante per loro, per cercare di far pensare loro un’altra cosa.
Il ritorno a casa e l’addio all’Inter:
Me ne sono andato dall’Inter e sono tornato in Brasile perché mi mancava la mia famiglia. Dopo la morte di mio padre non avevo più la testa per poter giocare all’Inter. È un avvenimento che mi ha ferito tanto, ho scelto di tornare in Brasile perché non avevo più la testa e, così, avrei danneggiato la squadra e i miei compagni. Mio padre ha sempre fatto tutto per la mia famiglia e non c’era più, sono rimasto io e, come uomo, dovevo aiutare i miei familiari perché loro avevano bisogno di me.
Sulle difficoltà personali:
Le persone non capiscono cosa sia la depressione, sembravo uguale e tutti, ma non era così. Ognuno ha il suo modo di gestire questa cosa, io ho avuto il mio. Ho fatto quello che sentivo nel cuore e nella testa. Non mi interessa di quello che pensa la gente, i mei amici e la mia famiglia erano con me in questa scelta.